Roberto: Siamo in compagnia di Niccolò Falsetti, regista e autore di Margini. Per Ciakit ho visto la produzione del film con Manetti e volevamo chiederti, Niccolò com’è iniziata questa avventura che ti ha portato poi ad avere lo start del tuo progetto.
Niccolò: Il cuore centrale del film è stato da sempre, dalle primissime mosse, composto da me e Francesco Turbanti per la parte autoriale e da Alessandro Amato e Luigi Chimienti per la parte produttiva, ci siamo messi insieme a fare un lavoro di gruppo e cercare di lavorare sempre come un gruppo di lavoro compatto e cercare di condividere decisioni, cercando di ragionare più sui ruoli che sulle gerarchie e questa cosa ci ha compattato molto soprattutto nelle difficoltà e ci ha consentito di essere insieme ad affrontare tanti problemi, anche a fare una cosa che è molto difficile da raccontare e a volte difficile da capire perchè fa male, perché è faticosa, che è il divergere, il saper confliggere; questa cosa ci ha portato ad essere aperti alle novità, agli spazi, alle occasioni e la collaborazione con i Manetti è nata con tutte queste cose, era una scintilla che poteva far partire tante strade e soprattutto, come diceva Francesco alla fine della proiezione in questa bellissima sala, è stata, oltre ad un’occasione di riuscita enorme, anche un conferimento di autorevolezza: due registi che stimiamo, con i quali ho un rapporto di amicizia sincero e a quali sono tanto riconoscente per la fiducia e lo spazio che mi hanno sempre dato nei loro progetti. Credevano in questa storia, e questa è stata una cosa veramente bella. Ci avevano creduto da sempre come se fosse stato un film loro, e grazie all’esperienza di due autori che si sono già confrontati con delle produzioni, con delle distribuzioni, con un mercato, con dei finanziatori, avere qualcuno che ti diceva “se sei un autore e hai bisogno di questo e di quest’altro lo sappiamo e noi siamo con te” è stato molto confortante ed incoraggiante e ci ha dato una grande forza.
R: Tu avevi già lavorato con loro anche per Diabolik, giusto?
N: Sì, ho avuto l’enorme fortuna di essere stato messo a fare le seconde unità per tutta la trilogia ma in particolar modo per il secondo e per il terzo, e per me tutti e tre i film sono stati un’esperienza incredibili perché è un cinema premiato dalla leggerezza, dal loro spirito, quindi il set vibrava delle stesse corde di cui vibrava Ammore e malavita o le stagioni di Coliandro, ma al contempo era Diabolik, avevi le auto d’epoca, 200 comparse in costume, scene d’azione fatte con auto vintage…
Quasi mi imbarazza parlare di un film che non è mio però dalla prospettiva di un regista che si trova a lavorare su quel tipo di cosa, tra l’altro senza dover aver subito lo strazio – bello – e la fatica enorme della preparazione di quel lavoro – c’era la preparazione solo dell’ultima parte e trovavi la tavola già un po’ apparecchiata – è stato veramente un lusso incredibile, poi è stato chiaramente faticoso ed impegnativo però bellissimo ed è un cinema che è un po’ mancato al nostro paese.
R: Ti volevo chiedere, quanto c’è del Diabolik di Mario Bava secondo te sul lavoro dei Manetti?
N: Secondo me, per quello che ho visto io, il Diabolik di Bava, rapportato al lavoro che abbiamo fatto, anche ai riferimenti che studiavamo, alle sequenze che ci siamo guardati per fare certe cose sostanzialmente niente; ma semplicemente perché il lavoro di Marco e Antonio è un lavoro di grande ascolto e dialogo con Astorina e Mario Gomboli, con i disegnatori, è stato qualcosa che veniva direttamente dalla pancia del fumetto, da come l’ho vissuta io e da come l’ho sentita raccontare, e quindi al fumetto doveva rispondere e con il fumetto doveva dialogare, doveva tradurre in un linguaggio diverso, giocare al gioco del cinema ma seguendo le regole del mondo delle Giussani.
Bava l’ho rivisto dopo tanti anni e forse la prima volta che l’ho visto non ero veramente interessato, rivedendolo l’ho guardato in modo completamente diverso; è chiaro che c’è un sapore, puoi intuire un retrogusto di un fascino per un certo cinema senz’altro, però c’è proprio un’operazione abissalmente differente sui personaggi, su Diabolik ed Eva ed obbligatoriamente anche su Ginko; una persona non deve per forza guardare i film e leggere i fumetti, l’opera di Bava è quasi autonoma.
R: Torniamo a Margini, io l’ho visto oggi, era la prima volta che lo vedevo e mi ha colpito moltissimo anche la scelta dei brani della colonna sonora, soprattutto per un regista come te di una nuova generazione, anche se non sei di primo pelo, non sei vecchio come me però vedere i brani dei Negazione, i brani dei Nabat , i brani dei Klaxon… cosa ti lega così tanto ad una scena musicale che è nata probabilmente quando tu nascevi? Mi ha incuriosito molto questo aspetto e volevo capire da te il perchè di questa scelta, perchè ho visto una preferenza più veroband storiche che non verso band di ultimissima generazione, anche se comunque ci sono anche quelle nel film. Anche sui titoli di coda ho visto anche altri gruppi storici della scena tipo Rappresaglia, i Kina, tutta una serie di band che hanno segnato a livello indelebile la scena punk-core, street punk degli anni ‘80.
N: Noi abbiamo fatto un ragionamento sulla colonna sonora che era chiaramente uno dei più importanti per questa storia, e ci siamo detti che cos’è stato il punk per noi a livello strettamente musicale, al di là del modo trasversale in cui ti travolge la vita e ti cambia per sempre, è stata la colonna sonora della nostra vita. C’è stato un momento attorno ai vent’anni, quando ho cominciato a fare l’università, non ascoltavo nient’altro che non fosse quella roba lì. Penso che a vent’anni non avevo mai ascoltato per intero un disco degli Stones, i Beatles sì ma perchè li ascoltava mia mamma, non avevo mai ascoltato per intero un disco di Dylan o di De Andrè e per un regista non avere nessun tipo di ascolto musicale che non sia di un certo genere è un limite importante; la musica è un punto di linguaggio enorme, potentissimo. Io venivo dall’hardcore quindi il mio mondo era quello, però era così accecante e totalizzante, questa malattia che ti prende a quattordici, quindici anni che non ti lascia più che volevamo approcciarla in una maniera giusta per i personaggi, e quindi dicevamo per farla condividere ad uno spettatore, uno che magari non sa niente di punk, cosa facciamo? Abbiamo provato a spingere su un punto: ogni volta che sentivi una canzone nel film la sentivano sia gli spettatori che i personaggi,non esisteva mai una musica che il personaggio non sentiva, quindi non c’è una musica che viene chiamata extradiegetica, non c’è una colonna sonora composta per il film. Allora avevamo bisogno di scrivere in sceneggiatura le canzoni, i brani editi avrebbero fatto la colonna sonora della vita dei nostri personaggi perchè avevano sempre un’interazione scenica, venivano dalle cuffiette, dall’autoradio, dalla musica suonata dal vivo, da uno stereo, da un giradischi e quindi avevamo bisogno di dire: in questa scena questa canzone suona così e questa canzone è…E’ tutto l’oro quello che luccica dei Klaxon o è Italia degli sfruttati dei Nabat, Michele suona la batteria e suona Questi anni dei Kina, i ragazzi in macchina nella prima scena cantano a squarciagola Brucia di vita dei Negazione e facendolo abbiamo giocato di fantasia e quindi abbiamo messo i brani che ascoltavamo noi perché ci stavamo forgiando di questa sottocultura quindi ascoltavi i classici, questi brani qui, per qui frequenta quel mondo…non sono dei brani di nicchia sono forse tra i brani più famosi di ogni band. Abbiamo quindi messo su un’operazione, insieme ad Alessandro Pieravanti e Maurizio Papacchioli, che hanno supervisionato questo progetto di colonna sonora, perchè volevamo contattare le band proponendo loro un accordo, che era anche un accordo economico, e l’idea era: questo è il budget che abbiamo noi per il film ed è uguale per tutti, non c’è trattativa. Ragioniamo come ragioniamo noi, per noi la musica è un pretesto per aggregarsi, per sostenere progetti sociali, progetti politici, per mantenere spazi autogestiti, per autofinanziare il nostro movimento e le band. Allora abbiamo pensato che anche il film potesse essere un pretesto per fare altre cose con la musica, infatti poi tutta la colonna sonora è anche finita in un cd che noi invitiamo sempre ad acquistare sul sito del centro storico Lebowski che è la causa a cui abbiamo dedicato questo benefit, che è un club di Firenze di proprietà dei tifosi, completamente autogestito ed autofinanziato, che istruisce i propri dirigenti con l’autoformazione e che ha mandato una squadra femminile in serie C, completamente finanziata dai propri soci e per noi che siamo tifosi del Lebowski era il miglior modo per restituire…molta parte delle persone che si vedono nella scena del concerto del film erano i ragazzi che frequentano questo club.
R: Saremo curiosi di sapere qual è la tua band preferita o il tuo artista preferito a livello musicale, so che è una domanda a volte scontata, fatta a bruciapelo però eravamo curiosi.
N: Faccio fatica a definire preferito, te lo metto anche sul cinema volendo. Nel cinema mi sono risposto, quando mi fanno questa domanda, il criterio con cui valuto è, quando parlo dei miei film preferiti, sono quei film che ho rivisto più spesso perchè li rivedo con leggerezza, non mi pesano e li rivedo ogni volta come se fosse la prima; alcuni mi accompagnano da letteralmente tutta la vita. E sulla musica uguale, sicuramente ti dico i Dropkick Murphys perchè da quando li ho scoperti non li ho mai abbandonati, perchè sono un gruppo che mi ha saputo dare in ogni disco una perla e per me c’è stato un momento, forse nel 2008 o forse qualcosa prima nel 2006, in cui sentirli esplodere e fare da sfondo alle immagini di un film di Scorsese, per cui mi sono alzato in piedi facendo “SEE!” e la mia coinquilina del tempo mi ha chiesto “Sei sicuro ti piaccia più il cinema del punk? Perchè non sembra proprio”; quindi ti direi Dropkick.
Poi è chiaro che le band classiche, due o tre gruppi soprattutto dell’hardcore mondiale cheda quando li ho scoperti sono diventati un’ossessione e almeno due, i Negazione e i Kina, fanno parte della nostra colonna sonora; e degli americani per me sono sempre stati i Black Flag e i Bad Brains, anche qui qualcosa che ascolti per sempre e non ti annoia mai insieme a quello che secondo me è il gruppo più sconvolgente per la complessita tecnica, che usa un’attitudine e uno stile e venivano dai Minor Threat, che sono i Fugazi.
R: Ultima domanda per chiudere, riguarda proprio il cinema. Se dovessi scegliere tre i film a cui assolutamente non rinunceresti.
N: E’ tostissima, tre son pochi, però forse ce la posso fare. Il Grande Lebowski, dei fratelli Coen, L’Odio di Kassovitz e Amici Miei.
R: Complimenti per il film, mi ha fatto un po’ tornare indietro con gli anni. Da parte nostra ti auguriamo tante cose positive perchè sei una persona promettente, che vive la passione per il cinema e per la musica, si vede che è una cosa genuina.